23 Dicembre 2024

Una tutela per le Comunità energetiche rinnovabili e solidali

La prima che ci ha creduto veramente è stata la comunità di San Giovanni a Teduccio, uno dei quartieri periferici e “complessi” a Est di Napoli. Nel 2020 la Fondazione Famiglia di Maria che opera in favore dei minori e delle famiglie con disagi socioeconomici, insieme a Legambiente e al contributo di Fondazione con il Sud ha avviato la prima Comunità energetica rinnovabile e solidale del nostro Paese. Un investimento iniziale di 100mila euro ha infatti permesso l’installazione di un impianto fotovoltaico da 53 kW sulla copertura della sede della Fondazione Famiglia di Maria, in grado di produrre circa 65mila kWh/a di energia elettrica.

Le Comunità energetiche rinnovabili (Cer) sono infatti secondo la definizione che ne dà il Gestore servizi energetici (Gse) “un insieme di cittadini, piccole e medie imprese, enti territoriali e autorità locali, che condividono l’energia elettrica rinnovabile prodotta da impianti nella disponibilità di uno o più soggetti associatisi alla comunità”.

Tornando a Napoli, il nuovo sistema energetico ha poi coinvolto 40 famiglie del quartiere, con un’attenzione particolare a quelle che presentano disagio sociale, che oggi beneficiano non solo di un risparmio, in termini di minor energia elettrica consumata, stimato come pari a circa 300mila euro in 25 anni ma anche di un vero proprio progetto di rilancio della comunità grazie anche a percorsi di educazione energetica e ambientale che hanno coinvolto oltre 100 bambini e ragazzi del quartiere. Alla “r” di rinnovabile è stata quindi aggiunta la “s” di solidale.

A questa esperienza ha seguito poi quello di Ferla, in provincia di Siracusa, e poi di molte altre comunità energetiche rinnovabili e solidali, tanto che oggi esiste una Rete che conta 57 soggetti, la Rete delle Comunità Energetiche Rinnovabili e Solidali, con l’obiettivo diffondere questo strumento nei luoghi in cui ce n’è più bisogno.

Non si tratta quindi solo di combattere dal basso la povertà energetica, che secondo l’ultimo studio dell’Osservatorio italiano povertà energetica del 2024, ha interessato nel 2022 due milioni di famiglie, ovvero una cifra pari al 7,7% della popolazione totale. Ma anche di “costruire processi di partecipazione e innovazione sociale capaci di innescare un profondo cambiamento dei territori, nell’ottica di una maggior giustizia ambientale e sociale -si legge nel Manifesto della Rete- prediligendo quindi luoghi abbandonati all’incuria, siti in attesa di bonifica, privi di servizi, o con scarsa qualità delle abitazioni e delle scuole, ma anche aree di pregio naturalistico dove la mancanza di servizi territoriali accelera lo spopolamento”. Le Cers sono quindi uno strumento per ridurre le disuguaglianze rendendo i soggetti interessati protagonisti del cambiamento e della transizione energetica.

Ma come una Cers può tutelare adeguatamente la propria attività da eventuali imprevisti? Noi di CAES abbiamo pensato ad un paio di coperture dedicate.

In primo luogo, un’adeguata tutela dell’impianto fotovoltaico per i danni che lo stesso possa subire, dovuti alle più svariate situazioni: dall’incendio, agli eventi atmosferici, al fenomeno elettrico. Ma anche al furto. Su questo prodotto, riserviamo alle Cers un’agevolazione economica speciale sul premio di polizza, per riconoscere l’importante ruolo sociale che esse svolgono nelle rispettive comunità.

Riteniamo inoltre indispensabile una tutela completa per i danni di cui la Cers possa essere considerata responsabile in quanto proprietario dell’impianto stesso, anche nei confronti della struttura su cui l’impianto è installato, comprese le persone che la frequentano. In questo caso, consigliamo di partire dall’eventuale convenzione stipulata con l’ente che “mette a disposizione il tetto” per poi procedere con la valutazione delle opportune integrazioni alla polizza.

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